Si usa dividere gli specialisti in psicoterapia a seconda delle età delle persone di cui si occupano: infanzia, adolescenza, età adulta, anziani.
Niente di più sbagliato: per occuparsi di bambini, bisogna avere un’idea dell’adulto che potranno diventare, per occuparsi degli adulti, bisogna conoscere il bambino che sono stati e avere una idea dell’anziano che sarà. Infine, per occuparsi degli anziani bisogna comprendere le età precedenti, e anche quella dopo, e anche la fine delle età. È invece importante comprendere che l’età degli analisti è importante per sapere di quali pazienti possono occuparsi. Ad esempio, una persona giovane non può comprendere profondamente la diversità di carica emotiva, di prospettive, di energie, di carico di esperienze di un anziano o anche di un adulto. Né – e ne sono prova le tante decisioni sbagliate prese riguardo ai figli di coppie divise – della complessità dei problemi, delle necessità, dei compromessi di coppie e famiglie. È anche difficile che i giovani, proprio per la loro inevitabile poca esperienza, oltre per la loro frequente presunzione, si rendano conto di questo tipo di carenze.
Così come non tutti possono occuparsi di ogni tipo di problema o disagio psichico: ognuno ha qualche area in cui naviga male. Io, ad esempio, non mi occupo di dipendenze, a meno che siano molto iniziali.
Diverso è il caso dei disturbi di tipo psicotico. In questi l’età del paziente è spesso irrilevante, ai fini della psicoterapia. La psicoterapia con il paziente psicotico richiede una potente energia emotiva (il grande Gaetano Benedetti la chiamava energia libidica) che nel corso degli anni quasi sempre si affievolisce, per cui spesso i giovani sono i più adatti ad occuparsene.