Possono «perdersi» durante il percorso scolastico perché le loro doti non vengono riconosciute o non sono valorizzate, a volte vengono addirittura bollati come problematici. Eppure sono bambini e ragazzi con una marcia in più, con un’intelligenza superiore al normale: per riconoscerli, ma soprattutto per rispondere ai loro bisogni e per favorirne una crescita serena, è in libreria il nuovo libro della psichiatra e psicoterapeuta Federica Mormando, «Bambini e ragazzi ad alto potenziale, crescere con loro. Una guida per i genitori» (Red!).
Riconoscere l’intelligenza speciale
Dalla definizione dei diversi tipi di intelligenza ai test per misurarla, il volume vuole fornire ai genitori gli strumenti per riconoscere l’alto potenziale cognitivo dei propri figli anche al di là del quoziente d’intelligenza perché, come spiega Mormando, «ci sono tipi di intelligenza che i test classici non riescono a misurare e che non per forza sono connessi al QI. Creatività, intuizione, doni artistici sono anch’esse forme di iper-dotazione, in più anche i classici test dell’intelligenza devono essere ben interpretati per avere un reale valore». Ma come si riconosce, allora, un bambino con capacità superiori alla media? «Questi bimbi sono rapidi nell’apprendimento, trovano soluzioni non banali, sono precoci nel pensiero astratto che si può manifestare ben prima dei sei anni – risponde l’esperta -. Spesso poi imparano a leggere già attorno ai tre anni e senza un grande aiuto esterno, tendono a sentirsi più a loro agio con chi è più grande di loro; hanno poi una curiosità intelligente, che non significa chiedere sempre perché ma voler guardare oltre. Un indizio tipico? A scuola si annoiano, perché non ricevono gli stimoli di cui avrebbero bisogno. Così capita che facciano confusione e si distraggano, molti poi preferiscono stare da soli».
I rischi del «dono dell’intelligenza»
Il risultato è che a molti bambini plus-dotati vengono diagnosticate patologie inesistenti, dall’ADHD a sindromi autistiche ad alto funzionamento, che creano ansia a loro e ai genitori. «Purtroppo si confonde spesso la personalità con la malattia, ma questo trasmette ai bambini un’immagine di sé malata, che li danneggia – sottolinea Mormando -. Questi bambini corrono anche altri rischi, se non c’è un giusto approccio ai loro bisogni: alcuni, abituati a capire tutto subito e facilmente, si scoraggiano e abbandonano di fronte a sfide poco più complesse; altri restano sempre in superficie, perché tutto gli appare facile, o al contrario si appassionano a qualcosa che per loro diventa totalizzante. Così non sempre un’intelligenza superiore alla media si associa al successo, a scuola e nella vita». Perché non accada serve formare i genitori, perché possano accompagnare i figli senza ansie e con competenza, amore e pazienza: il libro offre suggerimenti ed esempi che sfatano preconcetti e rafforzano la capacità di formulare giudizi personali e oggettivi. Anche se poi, come conclude Mormando, «molto dovrebbe fare la scuola. Insegnanti preparati dovrebbero e potrebbero offrire spunti che possano risultare interessanti anche a chi è più dotato; inoltre, in alcuni casi, potrebbe essere favorito il “salto” di una o due classi».
Articolo di Elena Meli – Corriere.it