Aurora chiese a ChatGpt «Lascio il mio fidanzato?»

La psichiatra Mormando commenta la rivelazione uscita dall’inchiesta: «Come mai nessuno si è accorto che usava tanto l’intelligenza artificiale?»

Pochi giorni prima di morire, Aurora Tila, la 13enne precipitata dal terrazzo del condominio dove abitava con la madre, aveva interrogato Chat GPT per chiedere se fosse giusto troncare i rapporti con l’ex fidanzato, diventato sempre più opprimente. L’applicazione di intelligenza artificiale le aveva risposto di creare una relazione più sana in cui non temere le reazioni dell’altro. La conversazione è stata resa nota nei giorni scorsi nell’ambito del processo che vede imputato con l’accusa di omicidio colposo il quindicenne ex fidanzato. Come Aurora, sono sempre più numerosi i giovani che ricorrono all’AI per chiedere consigli anche sulle proprie vite private, preferendole la conversazione con l’interlocutore digitale al dialogo vivo con coetanei e adulti. Un rischio, non solo psichici? Federica Mormando, psichiatra milanese di lungo corso, agli effetti sulla mente dei giovani dedica da tempo un prolungato ricorso all’AI, ha scritto un libro: “Intelligenza artificiale: una mente a contatto con la nostra” (edizioni Red!).

Dottoressa, avverte una diffusa tendenza tra i giovani ad umanizzare l’IA come fosse un amico o un maestro di vita? Quali insidie si celano dietro questa scelta?

«Parliamo di rischi gravissimi. Favoriti anche dalla mancanza di dialogo e intimità con adulti saggi, dai genitori ai maestri, i ragazzi preferiscono rivolgersi a interlocutori sicuri che sanno rispondere sempre. Ma le risposte che l’IA può dare da moderna enciclopedia sono sì apparentemente sensate, ma in generale compilate. Poi, visto che il ricorso all’IA del tutto assimilabile al consumo di droga, il rischio è di sviluppare vere e proprie dipendenze, fame che si colmi subito, poi, non finisce mai. Qui sta il pericolo: si dequalifica vissuto e qualità dei consigli, rinunciando alla propria personalità».

Il discorso vale anche per la piccola Aurora Tila?

«Purtroppo Aurora non aveva individuato i segnali di pericolo che pure c’erano e nessuno glieli ha spiegati. Tanto meno Chat Gpt, che non può mai essere un buon suggeritore non potendo approfondire il vissuto della persona che chiede il consiglio. Ma la responsabilità di tutto questo è in grande parte degli adulti che si rivelano inefficaci in tante situazioni. Compresa la scuola che si occupa a fare educazione alle emozioni e ai sentimenti, ma non potrebbe fare educazione ai segnali d’allarme. Com’è possibile che una ragazzina possa frequentare così tanto Chat-gpt senza che nessuno se ne accorga?».

Ammetterà però che il ricorso all’IA in ambiente scolastico è piuttosto diffuso, dalla scrittura di temelli alle ricerche storiche.

«Ricorrere a questi strumenti significa togliersi responsabilità, non avere piacere di scrivere le proprie idee e affidarsi a un immaginario che si compensa sempre di più, togliendo così intenzionalità propria fantasia e se stessi. Una cosa molto brutta. Alla lunga, però, la stima e la fiducia in sé ne risentono. Poi c’è un discorso di dipendenza, come accennavo, considerare che il ricorso all’IA è assimilabile al consumo di droghe. Da risultato immediato ma effimero, quindi subito rinvio. Anche dal punto di vista neurologico, perché attiva immediatamente i centri del piacere, ma poi il piacere cala sempre più in fretta».

Crede ci sia un’età giusta per entrare in contatto con l’IA o sia sconsigliabile tout court?

«Le tecnologie sarebbero da proibire almeno fino ai 5-6 anni perché l’apprendimento del mondo è globalmente sensoriale. Tutto ciò che è video diminuisce proprio la formazione della persona: gli input che derivano dai vari schermi sono più veloci delle trasmissioni sinaptiche, impedendo così la formazione del pensiero che è più lento. Inoltre le informazioni immediate non vengono elaborate e creano orrore di insicurezza e mancanza di sicurezza. Non a caso aumenta l’ansia a causa dell’utilizzo di questi mezzi».

La scuola non prepara abbastanza al pensiero critico?

«La scuola non forma più il pensiero complesso, a partire dall’affettività difficile da insegnare e lavorare bene, sia a causa di una limitata preparazione sia per l’eccessiva tendenza all’inclusione di contenuti bisogni speciali, che segue un livellamento verso il basso degli insegnamenti che derivano un vero e proprio tirarsi indietro nei confronti di tutti gli altri».

Eppure: è possibile dominare l’intelligenza artificiale senza esserne dominati?

«Sì, ma dipende dalla formazione e dalla capacità critica. Pensiero complesso significa saper recepire le informazioni e inserirle in un contesto organico di vita sapendo che gli effetti di una decisione possono essere. Necessaria per fare scelte oculate. Ma siccome manca, alle scelte relazionali vince l’impulso, che si riversa prevalentemente nell’aggressività».

Come si addestra, allora, i giovani alla complessità?

«Imparando a far vedere loro una stessa cosa da vari punti di vista, facendo ad esempio capire come un oggetto singolo sia la risultante di tutta una storia e un prodotto di più componenti, che oltre alla forma materiale può essere anche il simbolo di qualcosa e che c’è una storia legata anche alla rappresentazione filmica e artistica di quello stesso oggetto. È un metodo di ricerca che si trasmette fin da piccoli. Ma se qualcuno annoto abbastanza opochissimi incontri con i bambini, e non servono parecchi anni che solo per attivarli perché la curiosità è enormemente limitata dal fatto che le informazioni arrivano in modo immediato e, con l’uso, già della ricerca specifica».

Come ci si difende da tutto questo?

«Scuole e famiglie che ne sono capaci dovrebbero approfondire intanto le risposte che i giovani danno giovani. La giornata è andata bene? Non accontentiamoci di un sì: approfondiamo. Cerchiamo di capire il motivo di certe sensazioni e arricchiamo il dialogo. Si mandano ragazzini a fare tanti sport ma pochi a frequentare zone artistiche, come musica e altro. Il pensiero binario, l’io o tu, porta sempre alla lotta e le società sportive fidelizzano attraverso le gare. Nel mondo artistico, invece, l’ampiezza di significati è maggiore, supera le dicotomie. Altro suggerimento: addestrare alla spiritualità. Portiamo i bambini in una chiesa, in un ambiente mistico, facciamogli annusare l’infinito. Si può fare anche solo guardando il cielo. L’IA non ha paura della morte perché non muore e della spiritualità non le frega niente. Per noi invece è una dimensione di vita che permette anche di andare oltre le vicende quotidiane».

di Pier Paolo Tassi
Pubblicato in origine su Libertà

Aperte le iscrizione a "Partire con il piede giusto - 4 seminari per chi si occupa di bambine e bambini da 0 a 6 anni"

Gli incontri si terranno presso la sede di Human Ingenium, via Bonaventura Cavalieri 8 (ultima traversa di via Turati prima di piazza Repubblica), nei giorni 13 e 27 novembre, con orario 10-12 e 13-15.

Lo scopo di questi seminari è dare spunti e informazioni corrette e sperimentate di cui chi si occupa di bambini possa usufruire, fornire mezzi pratici e teorici per accompagnarne la crescita. Saranno presentati materiali e linee guida, e una parte importante sarà dedicata alle esercitazioni

Ogni incontro sarà introdotto dalla dott.ssa Federica Mormando.